24 de julio de 2018
Conferencia Magistral
L’Oratorio:
Fermenti di rinnovamento spirituale e sociale ieri e oggi
Carissimi Padri, Fratelli e Amici, il mio desiderio è di essere con voi in questi giorni, ma gli impegni nella diocesi che mi è stata affidata me lo impediscono.
Sono però con voi con il cuore, con l’appartenenza alla Famiglia Oratoriana, e saluto il Rev.mo P. Felix Selden, Delegato della Sede Apostolica, Sua Eccellenza monsignor Mario Alberto Avilés, Procuratore Generale, i PP. Prepositi e tutti i presenti.
Ringrazio il carissimo amico e prezioso collaboratore della Procura Generale, dr. Alberto Bianco, per aver portato questo mio intervento, molto semplice, ma che spero possa servire a riprendere la riflessione che, certamente, è impegno di ognuno di noi.
A tutti il mio fraterno abbraccio.
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L’Oratorio
Scriveva padre Francesco Maria Tarugi a padre Giovanni Battista Bordini nel 1588 “Che è l’Oratorio non si conosce se non da chi lo pratica e non perde lo spirito. Io oso dire che nella Chiesa di Dio non vi sia più utile impresa et esercitio di questo, per due ragioni: per la forma familiare e devota del ragionare; e perché è quotidiano, con la aggiunta nella sera dell’oratione mentale che condisce il resto”.
Il termine con cui il Bacci e i primi oratoriani descrivevano lo stupore suscitato dalla novità di quella esperienza, dalla carica di originalità e di freschezza che essa conteneva è il termine: “inventione”: l’Oratorio è la “inventione”del cuore di Filippo!
Ma ciò che attirava, più che un metodo o un programma, era la persona di Filippo: la preghiera semplice e fervorosa, il dialogo familiare sulla vita cristiana, le laudi nella lingua parlata, la musica, le liete passeggiate verso una basilica o al Gianicolo, affascinavano perché era lui, con la sua ricchezza interiore e la sua letizia, a colmare ogni cosa di significato e di valore. “Si sta volentieri – scrive P. Cistellini – in compagnia di questo prete singolare e gentile, tutto gaiezza e fervore: anche a discorrere di cose che sarebbero potute apparire noiose […] Nessun disegno preordinato, nel comporsi del gruppo oratoriano […] Uno dei più antichi documenti sull’origine dell’istituzione ne sottolinea la spontaneità della nascita e del suo configurarsi: ‘l’origine dell’Oratorio in San Girolamo fu accidentale, poiché molte devote persone, avendo per gratia di Dio incominciato a frequentare i SS. Sacramenti, desiderose d’andare ogni giorno più avanti nella via di Dio, vedevano che questo difficilmente si poteva fare senza aggiungere ai Sacramenti la conversazione di altre persone dedicate a simile esercitio; perciò, per fuggire l’ozio e le male conversationi, causa di tutti i peccati, di giorno, dopo il pranzo, cominciarono a radunarsi là, in presenza del loro Padre spirituale, e parlavano tra loro del modo di fuggire il peccato, di vincere le tentationi, di acquistare le sante virtù, et questo nella forma del dialogo e del confronto” .
La “inventione”, più che nelle cose che Filippo proponeva, stava nella appassionata adesione a Cristo, incontrato ed amato “non come una formula, ma come una Persona, con la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi”. E’ per questo che san Giovanni Paolo II, nel Congresso generale dell’Oratorio nel 2000, potè confermare agli oratoriani del nostro tempo la validità di quella esperienza: “All’alba del terzo millennio cristiano, la vostra Assise si propone di rivisitare le sorgenti del movimento spirituale che trae origine da San Filippo Neri, con l’intento di rispondere fedelmente alla missione di sempre: condurre l’uomo all’incontro con Gesù Cristo “Via, Verità e Vita”, realmente presente nella Chiesa e “contemporaneo” di ogni uomo. Tale incontro, vissuto e proposto da San Filippo Neri in modo originale e coinvolgente, porta a diventare uomini nuovi nel mistero della Grazia, suscitando nell’animo quella “gioia cristiana” che costituisce il “centuplo” donato da Cristo a chi lo accoglie nella propria esistenza. Favorire un personale incontro con Cristo rappresenta anche il fondamentale “metodo missionario” dell’Oratorio. Esso consiste nel “parlare al cuore” degli uomini per condurli a fare un’esperienza del Maestro divino, capace di trasformare la vita. Ciò si ottiene soprattutto testimoniando la bellezza di un simile incontro, da cui il vivere riceve senso pieno. E’ necessario proporre ai “lontani” non un annuncio teorico, ma la possibilità di un’esistenza realmente rinnovata e perciò colma di gioia. Ecco la grande eredità ricevuta dal vostro Padre Filippo! Ecco una via pastorale sempre valida, perché iscritta nella perenne esperienza cristiana! Auspico che la rivisitazione delle fonti della spiritualità e dell’opera di San Filippo, operata dal vostro Congresso, susciti in ciascuna Congregazione una rinnovata consapevolezza della validità e dell’attualità del “metodo missionario” del vostro Fondatore e rechi un significativo contributo all’impegno della “nuova evangelizzazione”.
Filippo aveva iniziato il suo apostolato già un quindicennio prima dell’ordinazione sacerdotale, attraverso un annuncio semplice, privo di preoccupazioni istituzionali. Le sue parole colpivano gli abitanti della casa del Caccia, dove egli abitava, e colpivano gli impiegati dei fondachi in Banchi, i poveri con i quali sostava di notte presso la Basilica di S. Pietro, i malati che serviva negli ospedali, i compagni della Confraternita della Trinità che ascoltavano i suoi infervorati discorsi nelle lunghe ore di adorazione, anche notturna, nella chiesa di San Salvatore in Campo.
Il suo apostolato era impulso del cuore, frutto della fervida esperienza che Filippo viveva; le sue parole attraevano e trascinavano perché nella sua persona si percepiva la presenza di qualcosa di grande e di vero che riempiva la sua vita; il modo con cui instaurava un rapporto faceva comprendere che in lui si incontrava una umanità vera, abitata dalla Grazia, appassionata per la vita e il destino di ognuno.
Con il sacerdozio il luogo più consueto dell’incontro diventa la chiesa di S. Girolamo della Carità, o la sua stanzetta…
Qui, invece del solo invito a “fare bene”, è la parola del perdono sacramentale che semina il Bene nel cuore dell’uomo: “Si diede all’esercitio del confessare, nel quale poi consumò il restante della sua vita, talmente che ancora nell’ultima vecchiezza mai lo tralasciò”. “Fissato al centro del cristianesimo – dice il beato J. H. Newman – egli doveva attirare; il suo strumento non doveva essere il Battesimo ma piuttosto la Penitenza. Il confessionale era il seggio del suo singolare apostolato”. Credeva profondamente all’azione della Grazia! Gli giovarono sicuramente “le doti caratteristiche della sua personalità, l’attrattiva singolare, il suo calore umano, la sua mitezza e soavità, la sua costante allegrezza e serenità, la squillante festività che rivestiva ogni suo gesto”.
La fervida età della Riforma cattolica è un’epoca di grandi direttori spirituali, e l’Oratorio nasce esattamente da questo ministero e si sviluppa come rapporto tra amici legati alla dolce paternità spirituale di Padre Filippo.
L’Oratorio, fin dall’inizio, non si confonde con le numerose confraternite che fioriscono coeve, destinate normalmente a scopi precisi di solidarietà cristiana, ma esprime una chiarissima finalità spirituale. Le opere di carità non mancarono certo nel metodo e nell’esperienza filippina, ma l’Oratorio si presenta, come scrive p. Cistellini, “come un’istituzione intesa più all’assistenza delle anime che dei corpi, anzi la pratica della carità è in diretta connessione e dipendenza da quella”. Dentro alla fondamentale finalità del cammino spirituale si collocano tutti gli “esercizi” dell’Oratorio e le varie iniziative che lo caratterizzarono: anche la musica, la Visita alle Sette Chiese, le passeggiate….! Tutto prende luce e consistenza da quell’impegno di vita cristiana che ha il proprio punto di forza nella preghiera, nei Sacramenti, nell’ascetica dell’umiltà.
L’Oratorio assume, senza proclami ufficiali, in tutta semplicità, il volto della comunità apostolica descritta dagli Atti: “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nell’unione fraterna, nella frazione del pane, e nella preghiera”: testimoniano tale consapevolezza, tra i primi, il Baronio, il Tarugi, il Talpa, i quali proprio all’archetipo della Chiesa nascente si rifanno per descrivere l’Oratorio: “Sembrò riapparire, in relazione al tempo presente, il bel volto della comunità apostolica”.
Assumendo, con il passare del tempo, un volto sempre più definito, si presenta articolato in vari momenti… Al centro di tutto, però, c’è sempre l’ascolto della Parola ed il relativo esercizio della predicazione, non fine a se stessi, ma, come è nella più genuina esperienza della Chiesa, volti ad introdurre le anime alla conversione della vita, alla pratica dell’orazione ed alla partecipazione sacramentale.
L’Oratorio oggi
Le attuali Costituzioni della Confederazione dell’Oratorio si aprono affermando che “si chiama propriamente Oratorio un luogo destinato all’orazione. Perciò, l’Oratorio fondato da San Filippo Neri prese il nome dal luogo adibito alla preghiera”; e proseguono: “L’Oratorio è una unione fraterna di fedeli i quali, seguendo le orme di San Filippo Neri, si prefiggono ciò che egli insegnò e fece, diventandocosì “un cuore solo ed un’anima sola” (Atti, 4,32; Canone 578). Fin dalle sue primissime origini, l’Oratorio si è riunito per praticare in comune lo studio della Parola di Dio in modo familiare, nonché l’orazione mentale e vocale, onde promuovere nei fedeli, come in una scuola, lo spirito contemplativo e l’amore delle cose divine. Come San Filippo fu la personificazione di questo fervore religioso, così l’Oratorio, ponendosi al servizio degli uomini con semplicità d’animo e letizia, manifesta e diffonde tale sentimento in maniera attraente ed efficace”.
Dedicano poi nel VI capitolo, riservato all’apostolato della Congregazione, alcuni paragrafi a presentare questa attività che definiscono “prima fra tutte […] la cui erezione è già contenuta nella fondazione della Congregazione stessa (can. 677, §2) e che diede anzi origine alla medesima”: “Questo Oratorio Secolare può articolarsi in varie sezioni dedicate principalmente, a seconda delle persone e delle attività, al culto liturgico, alla orazione comun, all’educazione ossia alla cultura religiosa, all’apostolato catechistico, all’azione sociale o alla promozione della letizia cristiana”.
Il dettato costituzionale è indubbiamente chiaro, come lo è quello dell’Itinerario Spirituale114 che dedica tutto il secondo capitolo a presentare sinteticamente dell’Oratorio la storia, il metodo e gli esercizi.
Una domanda però non ha cessato da anni, fin dal tempo in cui i Congressi Generali formulavano quei testi, di affacciarsi, con maggioro minore chiarezza, alla mente di molti oratoriani: l’Oratorio, oggi, che cos’è?
Alcuni ritengono che l’Oratorio sia uno “spirito”, uno “stile” a cui gli Oratoriani sono chiamati ad informare le varie attività pastorali che si trovano a svolgere nella Chiesa rispondendo alle esigenze dei tempi, al problema della diminuzione numerica del clero ed ai bisogni sempre più urgenti delle Diocesi; uno “spirito” con cui lavorare nella Chiesa.
Il Congresso Generale del 2000 ha sentito l’esigenza, rivisitando il carisma proprio della Congregazione alla luce delle origini, di porre al centro la questione: “L’Oratorio Secolare nel Terzo Millennio”. E parlando di “Oratorio Secolare”, il Congresso ha inteso riferirsi non soltanto allo “spirito” oratoriano, ma alla specifica attività che le Costituzioni definiscono “propria” e “la prima” delle Congregazioni: espressione di un’evangelizzazione davvero “nuova” – l’unica che sorprende ed attira l’uomo secolarizzato del nostro tempo, indifferente di fronte a tanti altri programmi pastorali – ma anche come indicatore della autentica vitalità della Congregazione posta al suo servizio.
La relazione di G. Carriquiry al Congresso Generale del 2000 ha sottolineato quanto sia preziosa per la Chiesa del nostro tempo l’esperienza di “questa famiglia di fratelli e di padri riuniti ‘nello spirito, nella verità e semplicità di cuore’, unità sorprendente ed affascinante che si irradia nella vita della Chiesa e della convivenza cittadina”; “il meglio che l’Oratorio filippino può offrire – afferma l’autorevole autore – è di mostrarsi capace di tornare a proporre, attingendo alla sua fonte, la propria originale irruzione ed epifania” che è esattamente “il miracolo di questa famiglia, […] di questa sorprendente unità”. In essa è resa possibile l’attuazione di due fondamentali esigenze della nuova evangelizzazione – se questa non vuol ridursi “a strategie, o programmi, o operazioni di marketing per rendere più vendibile il prodotto” –: “ricominciare dalla persona” e “rifare la travatura cristiana delle comunità ecclesiali”: “ricostruire la persona grazie ad una esperienza nuova, in una ‘rete’ di incontri umani sorprendenti che portano a riscoprire la vita come dono, nella sua vocazione e nel suo destino; […] in comunità visibili, fatte di persone diverse – poveri peccatori affidati alla misericordia ed alla grazia del Signore – che vivono relazioni vere, più umane, di sorprendente fraternità, dono miracoloso dell’unità che gli uomini non possono conquistare con le loro forze disordinate; […] comunità estranee all’eccessiva fiducia che molte volte si è posta nelle pianificazioni e nelle burocrazie, le quali fanno sì che la Chiesa appaia a molti come impresa di servizi religiosi e di esortazioni morali; […] comunità attente non alla moltiplicazione delle iniziative o ai rinnovamenti di facciata, ma ai doni sacramentali e carismatici, coessenziali entrambi alla Chiesa, dal momento che sono essi a fondarla e a rinnovarla perennemente”.
In questa esperienza così tipicamente oratoriana, testimoniata dalla storia delle origini e dall’opera di P. Filippo, la promozione della dignità dei laici non è un discorso inaridito dalla ripetizione, o una rivendicazione di spazi, ma “l’impulso grato e gioioso di coloro che, avendo ricevuto e sperimentato il dono della fede come verità, bene e bellezza della propria vita, lo comunicano e lo propongono alla libertà di tutti quelli che incontrano, ben oltre il conformismo di certo ‘tran-tran ecclesiastico’, e diventano compagnìa misericordiosa anche nei confronti di quelli che vivono lontani da ogni riferimento cristiano”.
“Ripensando l’Oratorio” attraverso la storia e le riflessioni di chi anche recentemente vi si è dedicato, non possiamo che confermarci nella convinzione che l’apostolato “proprio” della Congregazione ha la sua ragion d’essere, oggi come un tempo, e che l’Oratorio Secolare, come specifica “unione di fedeli”, perfettamente risponde, forse più di altre iniziative, alle reali necessità dell’uomo del nostro tempo.
L’Oratorio potrà compiersi in modi diversi, come effettivamente in modi diversi si compì in vari luoghi e tempi, grazie alla sua ricca virtualità di sviluppo ed al suo innato dinamismo, ma offrendo all’uomo di oggi – che ha smarrito il senso della “persona” e che non trova facilmente la risposta adeguata ai bisogni profondi del suo cuore – l’esperienza di un autentico incontro con Cristo, nella comunione di una famiglia in cui la persona vale più delle iniziative e nella semplicità della quale è presente e viva la forte e dolce esperienza delle origini cristiane: quella che affascinò il Baronio e lo costrinse a parlare dell’Oratorio quando, nei suoi Annales, giunse a trattare dei primi tempi della Chiesa: “È per disegno divino che si è rinnovata in grande misura, nei nostri tempi, in Roma, secondo il modello delle assemblee apostoliche, la edificante pratica del conversare familiarmente sulle cose di Dio, e di commentare con sermoni semplici la Sua Parola. Questa è stata l’opera del Reverendo Padre Filippo Neri, fiorentino, che come abile architetto ne pose le fondamenta. Si organizzò in modo che quasi ogni giorno coloro che desideravano la perfezione cristiana accorrevano all’Oratorio”.
Grazie!